La vulva è la parte più esterna dell’apparato genitale femminile ed è costituita dal vestibolo, le grandi e le piccole labbra e il clitoride
I tumori della vulva non sono molto frequenti e rappresentano circa il 5% di tutti i tumori ginecologici.
La patologia può colpire persone di tutte le età, ma nella maggior parte dei casi la diagnosi riguarda donne dai 70 anni in su.
L’età (>70 anni) e stili di vita non salutari (tabagismo) rappresentano i fattori di rischio più comuni per lo sviluppo dei tumori della vulva. Anche l’infezione di virus quali HPV e HIV e stati di immunodeficienza possono essere legati all’aumento del rischio di tumore di vulva. Altre condizioni come la presenza di neoplasia intraepiteliale vulvare (VIN, una condizione precancerosa), altri tumori dell’area genitale, lichen sclerosus o melanoma o nevi (nei) atipici rappresentano fattori di rischio per lo sviluppo del carcinoma vulvare.
L’istologia più frequente è rappresentata dal carcinoma squamoso che può essere a sua volta suddiviso in cheratinizzante (presente soprattutto in donne anziane e non legato alla presenza di infezione da HPV) o verrucoso (assume l’aspetto di una verruca a crescita lenta e ha in genere una buona prognosi). Quando invece il tumore nasce da una cellula ghiandolare prende il nome di adenocarcinoma (8 casi/100, in particolare le cellule di Bartolini). Meno comuni, ma comunque presenti sono anche i melanomi (6% dei tumori vulvari, specialmente in clitoride e piccole labbra) e i sarcomi (2% dei tumori vulvari). La bassa incidenza di questa neoplasia obbliga l’invio della paziente in centri di riferimento, per il trattamento.
I tumori della vulva possono essere del tutto asintomatici almeno nelle prime fasi o dare origine a sintomi generici attribuibili anche ad altre patologie non di tipo oncologico. Nel caso di sintomi sospetti è meglio comunque rivolgersi al proprio medico o al ginecologo.
La lesione vulvare precancerosa in genere è asintomatica o si presenta, in alcuni casi, con un prurito che non passa o con arrossamenti e cambiamenti cutanei anomali. I sintomi delle fasi iniziali sono cambiamenti nell’aspetto di un’area della pelle della regione vulvare interessata che appare più sottile, oppure più rossa o più scura delle aree circostanti. Nelle forme avanzate, la maggior parte delle donne si presenta al medico con una tumefazione, associata a prurito, e talvolta a dolore o bruciore o sanguinamenti soprattutto nelle forme avanzate. Come per il melanoma di altre regioni del corpo, anche quello vulvare si presenta come un nevo che cambia aspetto o che compare ex novo e presenta le caratteristiche tipiche dei nei maligni (asimmetria, bordi frastagliati, colore non uniforme e diametro superiore a 6 mm).
I controlli ginecologici periodici possono essere decisivi nella prevenzione in quanto permettono di scoprire eventuali lesioni pre-cancerose che negli anni potrebbero trasformarsi in un tumore. Una volta identificate mediante visite ed esami specifici, le VIN possono essere trattate nel modo più opportuno eliminando il rischio che evolvano in tumore. Infine, anche un auto-esame mensile della vulva, può aiutare a identificare precocemente cambiamenti sospetti da sottoporre all’attenzione del medico.
La diagnosi inizia con una visita ginecologica nel corso della quale lo specialista valuta i sintomi, effettua un esame completo della zona genitale, raccoglie informazioni sulla storia medica e familiare e, se lo ritiene necessario, effettua o prescrive ulteriori esami. Nel caso di aree “sospette” si procede con la biopsia che permette di stabilire o escludere con certezza la presenza di tumore. Una volta diagnosticato con certezza il tumore, si procede con altri esami per capire se la malattia si è diffusa anche in altri organi: risonanza magnetica, TC, PET-TC e, in alcuni casi, cistoscopia o la rettoscopia.
Lo stadio dei tumori della vulva viene assegnato utilizzando il sistema di stadiazione FIGO (International Federation of Gynecology and Obstetrics) combinato con quello dell’AJCC (American Joint Committee on Cancer) e si basa sui criteri TNM, dove T si riferisce all’estensione della malattia, N al coinvolgimento dei linfonodi e M alla presenza di metastasi.
Fondamentale è un approccio multidisciplinare. Ginecologo oncologo, Radioterapista oncologo, Oncologo medico, Radiologo, Anatomo-patologo definiscono il miglior approccio terapeutico per ogni singola paziente. Infatti, la scelta della terapia dipende da numerosi fattori quali lo stadio di malattia, l’età e le condizioni fisiche della paziente.
Presso il Policlinico Gemelli è presente un team multidisciplinare (Vul.Can Team) dedicato alla patologia vulvare, responsabile delle strategie e della gestione del trattamento personalizzato. È strutturato in un core team che comprende due membri dedicati (uno senior e uno giovane) per sette specialità centrali: radioterapista oncologo, oncologo ginecologico, chirurgo plastico, radiologo, oncologo medico, medico di medicina nucleare e patologo. Il gruppo di specialisti di supporto comprende un membro dedicato per ciascuna specialità complementare: oncologo geriatrico, infettivologo, chirurgo generale, urologo, nutrizionista, anestesista della terapia del dolore, psiconcologo, fisiatra e fisioterapista. Inoltre, un’ostetrica si dedica alla gestione dei casi e un’infermiera fornisce cure avanzate delle ferite. Un numero complessivo di circa 260 casi viene discusso annualmente all’interno del Multidisciplinary tumor board: circa 120 sono indirizzati a procedure chirurgiche, di cui circa 30 abbinate a chirurgia plastica, 50 a valutazione radioterapica, 15 a chemioterapia e 10 a elettrochemioterapia.
La chirurgia è un’importante opzione di trattamento e l’intervento può essere più o meno invasivo a seconda dei casi. A differenza di quanto accadeva in passato, la chirurgia di questi tumori è oggi sempre meno invasiva e cerca di tener conto anche dell’impatto psicologico che un intervento troppo demolitivo può avere sulla vita sessuale e di relazione della donna. La chirurgia laser o trattamenti topici, per esempio, sono efficaci per le VIN, ma non per i tumori invasivi. In quei casi si ricorre alla chirurgia tradizionale che prevede l’asportazione dei tessuti interessati dal tumore e, se necessario, anche la successiva ricostruzione delle parti rimosse.
In caso di stadi avanzati il trattamento di scelta è rappresentato dalla combinazione della radioterapia a fasci esterni con la chemioterapia. La radioterapia a fasci esterni utilizza raggi X prodotti da un’apparecchiatura chiamata acceleratore lineare, costituita da una testata che ruota intorno a un lettino sul quale è posizionato il paziente. Le radiazioni attraversano la cute e rilasciano la dose prestabilita all’interno dell’area da irradiare. La dose totale da somministrare è suddivisa in sedute giornaliere di breve durata (dette anche frazioni) allo scopo di danneggiare il meno possibile le cellule normali rispetto a quelle tumorali, riducendo in tal modo gli effetti collaterali del trattamento. Normalmente, il ciclo di trattamento prevede una seduta al giorno per cinque giorni a settimana con una pausa nel week-end. In questi casi, al termine del trattamento radio–chemioterapico si può valutare l’appropriatezza di un trattamento di radioterapia interventistica (brachiterapia). La radioterapia interventistica, è una particolare modalità radioterapica che permette di irradiare il tumore o il letto tumorale attraverso la proiezione di una sorgente radioattiva in particolari cateteri posizionati all’interno o a diretto contatto. Peculiarità di tale trattamento è la capacità di erogare dosi elevate al volume bersaglio risparmiando i tessuti sani adiacenti. La radioterapia o la radio/chemioterapia può essere considerata anche come modalità adiuvante dopo la chirurgia in caso di fattori di rischio per recidiva.
La malattia metastatica, nella maggior parte dei casi, prevede l’utilizzo della chemioterapia. In caso di carcinoma della vulva recidivato refrattario alle terapie standard, l’elettrochemioterapia può fornire un controllo locale della malattia e può rappresentare un aiuto nel migliorare la qualità della vita di queste pazienti. L’elettrochemioterapia è una terapia che combina basse dosi di farmaci citotossici (bleomicina o cisplatino), somministrati per via endovenosa o all’interno del tumore, con impulsi elettrici ad alta intensità che determinano attraverso l’elettroporazione un aumento della concentrazione locale del farmaco.
Presso il Gemelli ART c’è un team dedicato alla gestione del tumore della Vulva
Responsabile per la patologia vulvare: Dott. Luca Tagliaferri
Team: Dott.ssa Valentina Lancellotta, Dott. Bruno Fionda, Dott. Calogerò Casà
E’ possibile prenotare visite presso gli ambulatori dedicati di radioterapia per la patologia vulvare in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale chiamando il numero: 06 3015 4434
E’ possibile prenotare visite in ambulatorio privato (ALPI) chiamando il numero: 06 8881 8881