Molti sono i pazienti, bambini e adulti, che al termine del ricovero o della terapia vogliono in qualche modo ringraziare il personale sanitario che si è preso cura di loro in un periodo difficile: e così questa gratitudine spontanea viene affidata a biglietti, disegni, poesie, lettere, quadri e molto altro ancora. Un anno fa, nel pieno della pandemia, questi “grazie” sono stati condivisi attraverso un progetto che ha coinvolto il personale della Radioterapia Oncologica del Policlinico Gemelli di Roma. E ora sono consultabili anche sul web.
Aprile 2020. Il Covid-19 si stava diffondendo in tutta Italia, il governo aveva decretato il lockdown generale, mentre ospedali e strutture sanitarie erano sotto pressione per l’arrivo di un gran numero di pazienti positivi al virus. In questo contesto di emergenza nasceva un’iniziativa, semplice quanto originale, per sostenere il duro lavoro di tutto il personale del centro di Radioterapia Oncologica (noto anche come Gemelli ART – Advanced Radiation Therapy) del Dipartimento di Diagnostica per Immagini, Radioterapia Oncologica ed Ematologia della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS di Roma. L’idea fu proprio del direttore del Gemelli ART, il prof. Vicenzo Valentini, che volle creare una rubrica dedicata a tutto il personale, circa 140 tra sanitari e amministrativi, in cui condividere le tante testimonianze di gratitudine consegnate dai pazienti, piccoli e grandi, al personale sanitario. Nascono così i “Semi di Gratitudine”. E le foto di piccoli biglietti o lunghe lettere, poesie e disegni colorati diventano per tutto il personale un sollievo alle fatiche e allo stress di un periodo così duro sul fronte sanitario e anche un modo per trovare nuova forza e motivazione nello svolgere al meglio il proprio compito.
Storie di malattia e di gratitudine
Per un anno, questi piccoli “grazie” dei pazienti sono stati condivisi quotidianamente dal personale del Gemelli ART, nel rispetto della privacy, mentre medici e infermieri facevano a gara nel condividere con gli altri quanto avevano ricevuto come segno di gratitudine. Ad oggi, sono quasi ottanta i “Semi di Gratitudine” raccolti, che continuano ad essere diffusi sulla chat interna del personale del reparto, ma che ora possono anche essere consultati online da chiunque in uno speciale volume sfogliabile. “I bambini ce lo insegnano, nei momenti duri sono importanti le carezze”, ha scritto il prof. Valentini nell’introduzione del volume. “Carezze che tante volte abbiamo ricevuto o riceviamo dai nostri pazienti. Carezze che a volte hanno la durata di sguardi, istanti, frammenti che fuggono via veloci come un respiro. Così vorremmo raccogliere in questo ‘luogo’ messaggi, immagini, volti, musiche, parole… Memorie, tracce di doni ricevuti e che desideriamo donarci nuovamente tra noi”. La raccolta, la selezione e la pubblicazione di queste testimonianze di gratitudine è stata curata in questi mesi da un gruppo di lavoro formato da due medici del Gemelli ART, Silvia Chiesa e Elisabetta Lepre, e dalla psicologa, Elisa Marconi. Il primo “seme”, risale all’aprile del 2020 per introdurre questa iniziativa: raffigura lo straordinario mosaico della Vergine Maria con in braccio Gesù Bambino, realizzato dal Centro Aletti di Roma e collocato all’ingresso del Gemelli ART. Sempre dell’aprile dello scorso anno è il secondo “seme”, stavolta scritto da una piccola paziente di nome Aurora. Si tratta di poche parole su un foglio a righe: “Insieme abbiamo sconfitto un mostro gigante, che si chiama paura”.
Al centro la visione del paziente
Ogni “seme” rappresenta una persona, la sua storia, la difficile lotta contro la malattia, e mette anche al centro la sua visione, le emozioni che ha vissuto in ospedale, aiutando così gli operatori sanitari ad orientare meglio la loro opera. “Quel periodo dell’aprile 2020 era caratterizzato da grande ansia e timore per il pericolo del contagio, di trasmetterci a vicenda l’infezione”, racconta la dott.ssa Elisa Marconi, psicologa e psicoterapeuta al Gemelli ART. “La paura faceva parte di noi, accompagnava le nostre giornate in reparto, gli incontri con i pazienti. E quelle semplici parole di Aurora sull’affrontare ‘insieme’ e sconfiggere la paura avevano allora, e anche oggi, un senso profondo per tutti noi”. Molti del Gemelli ART hanno ricevuto dei piccoli “regali” da parte dei pazienti, tanti naturalmente dai bambini. “In un periodo in cui non ci si poteva neanche toccare a causa della pandemia, i bambini sostituivano il contatto con degli oggetti, dei doni”, spiega la dott.ssa Marconi. “Tanti preziosi ricordi come quello di una bambina che mi ha portato un biscotto fatto da lei con scritto ‘dottoressa dolce’ e un altro bambino che mi ha voluto regalare un cuore colorato con le sue dita. Altri momenti belli sono quelli della condivisione, quando magari un paziente alla fine della terapia ci tiene a ringraziarci con qualcosa di goloso proveniente dalla propria terra, donarci un istante di leggerezza e di gioia e restituire, in questo modo semplice e familiare, ciò che ha ricevuto”. Il progetto sui “Semi di gratitudine” è diventato anche un lavoro di ricerca, che è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale “tipsRO” (Technical Innovations and Patient Support in Radiation Oncology).
L’importanza dell’accoglienza
Spesso questi “Semi di Gratitudine” sono il modo per il paziente di ringraziare per l’accoglienza ricevuta, per l’ascolto, per la condivisione, oltre naturalmente che per le cure e l’assistenza. Ma sono anche un indicatore prezioso per gli operatori sanitari, che possono così perfezionare l’organizzazione e la gestione del paziente sulla base dei suoi stessi pensieri ed emozioni. “Lavoriamo molto sull’accoglienza, affinché i pazienti si sentano a loro agio, compresi e sicuri nelle loro necessità, e i segnali che loro ci restituiscono con questi piccoli ‘grazie’ ci consentono di capire che stiamo lavorando nella direzione giusta o ci indicano dove migliorare”, sottolinea la dott.ssa Silvia Chiesa, medico radioterapista oncologo al Gemelli ART. “Sono gli stessi pazienti, con il loro linguaggio, a sottolinearci cosa significa accoglienza: un sorriso, uno sguardo, essere ascoltati, la professionalità, la disponibilità, anche la flessibilità. Le loro risposte positive ci aiutano a mettere in luce e a migliorare quegli aspetti del nostro approccio e della nostra organizzazione che hanno una buona ricaduta sui pazienti”. Anche la dott.ssa Chiesa ha i suoi ricordi personali: “Succede spesso che le giornate in ambulatorio sono frenetiche, si deve correre, completare le visite. E i pazienti attendono tanto in sala d’attesa, sono nervosi, tesi. Ma spesso mi è capitato che, quando arriva il loro turno, si sentono presi in cura, sanno che siamo lì, che li ascoltiamo nei loro bisogni. E lo dicono con semplicità: Grazie per avermi ascoltato”.
Imparare la gratitudine dai pazienti
Non sono solo i pazienti a “ricevere” dagli operatori sanitari, ma anche questi ultimi fanno esperienze personali importanti che vanno anche al di là dell’aspetto prettamente medico e professionale. “Con questa esperienza, ho scoperto che la gratitudine è uno strumento utile e bello sia per chi la riceve che per chi la esprime, ed io stessa ho imparato ad essere grata ricevendo tutta questa gratitudine”, racconta la dott.ssa Elisabetta Lepre, medico in formazione specialistica in radioterapia oncologica al Gemelli ART. “È stato a tratti commovente entrare nella vita delle persone, in aspetti così intimi e personali. Si corre sempre dietro alle tecnologie, rischiando di perdere la parte umana del rapporto medico-paziente: invece focalizzarmi sull’umanità delle persone mi ha aiutato a non sottovalutare questo aspetto, che reputo fondamentale”. Per i medici, l’incontro con i pazienti in ambulatorio è un momento molto importante per entrare in sintonia: “Da oltre un anno, tutti siamo costretti a portare la mascherina, che mette inevitabilmente in risalto lo sguardo”, ricorda la dott.ssa Lepre. “Al termine di una visita in ambulatorio, un paziente mi ha detto: ‘Grazie per questo sguardo che mi ha donato ’. A dire il vero, mi sono imbarazzata subito… ma è stato molto bello. I pazienti sono grati anche di piccoli segnali di accoglienza. Magari dovranno ricevere una brutta notizia circa la malattia, ma sono certi di essere seguiti e tenuti per mano”.