Per la XX Giornata del Sollievo
La scienza ci dice che la composizione delle lacrime, la composizione del film lacrimale, varia a seconda dell’emozione che ha provocato la lacrima. Il cervello istantaneamente compone la struttura della lacrima corrispondente all’emozione che è stata tracciata, cioè in questa luce che cade dagli occhi, come dice nella sua canzone Elisa delle lacrime, è iscritta l’emozione che il soggetto, l’intero sé ha sentito.
Inoltre, se una persona si commuove per ciò che vive il personaggio di un film, la sua lacrima assume la composizione della stessa emozione del personaggio, dimostrando che l’empatia non è una realtà solo filosofica: la connessione che sento con quello che vivi modifica il mio fisico e ha evidenza scientifica[1].
Il 26 maggio papa Francesco all’Udienza Generale, ha incontrato una donna polacca, sopravvissuta ad Auschwitz; lei gli ha mostrato il braccio con il numero della sua deportazione nel campo di concentramento. Papa Francesco l’ha guardata per qualche istante. Poi si è chinato e le ha baciato quel numero le ricorda quotidianamente un così grande dolore e orrore vissuto. “Il bacio del Santo Padre mi ha rafforzato e riconciliato con il mondo”.
Il potere di guarigione di un gesto, un’azione da corpo a corpo. Un bacio che dice la sacralità di un così grande dolore, ma quel bacio ha agito sul cuore della donna e ha attraversato 76 anni di memoria.
Le lacrime, un bacio sono esempi che dicono che siamo tutt’uno. Distinguiamo corpo, spirito, psiche, ma lo facciamo per cultura e per didattica, è però bene recuperare sempre l’Unità che siamo, altrimenti viviamo a metà, o in maniera dissociata. Anche perché altrimenti non si comprende il mistero dell’Incarnazione: Dio in Gesù si fa carne, non “si mette un vestito di carne”, ha assunto tutto del corpo e ogni sua cellula era pervasa dalla Vita Trinitaria, tanto che bastava anche solo toccare il lembo del mantello per guarire. Il Papa ci ricorda che “le guarigioni operate da Gesù non sono mai gesti magici, ma sempre il frutto di un incontro, di una relazione interpersonale, in cui al dono di Dio, offerto da Gesù, corrisponde la fede di chi lo accoglie”[2]. E noi siamo creati a sua immagine e somiglianza, siamo chiamati a coltivare l’interiorità buona che ci ha già donato, perché ciò che esce da noi sia bene per gli altri: le nostre parole, i nostri gesti, il nostro tocco, tutto può espandere il Bene.
Il tocco, per me fisioterapista è parte fondamentale del mio lavoro, considerare che, quando prendo tra le mie mani una parte del corpo del paziente, prendo tutta la persona cambia il mio tocco; se lo faccio in maniera sbadata dico: tu non sei importante; se lo faccio bruscamente dico: tu mi sei di peso, sei un peso; se nemmeno ti tocco o non ti guardo negli occhi ti dico: tu sei nessuno. È già brutto subirlo nella quotidianità, nella malattia fa ancora più male. Non succede sempre e non la maggior parte del personale, ma accade, e i pazienti mi dicono che questi sono atteggiamenti che feriscono e disorientano; accade per fretta, perdita di passione, urgenze varie e non ci si accorge più che si mandano messaggi contrari alla cura della persona. Il corpo non mente, occorre curare il cuore, sapendo che tutti desideriamo non solo fare il bene del paziente, ma anche essere un bene.
Tornando al tocco, sono sempre stata convinta che il contatto fosse necessario, come interscambio, dare e ricevere grazie al contatto fisico. Ho avuto la fortuna di lavorare diverse settimane nei reparti Covid delle Columbus e lì nemmeno un millimetro della mia pelle era esposto e portavo addirittura tre paia di guanti. Eppure quanto è passato! Quanto ho ricevuto da quei contatti, dal tenere la mano, dal mantenere il contatto fisico. Cercavo anche di mantenerlo più del solito, come tenere la mano su una gamba anche se passavo dall’altra parte del letto. In quella solitudine dell’isolamento totale, vissuto per di più nella paura di morire, nell’ansia per la propria famiglia, nelle mille domande… era un modo per dire: “Ci sei, sei importante”.
La malattia ti fa percepire il corpo come un ostacolo, se non un nemico, perché vorresti vivere, fare tante cose, ma il tuo corpo non risponde come vorresti, ti sembra di non riconoscerlo più; io non ho tante parole da dire, ma con il mio modo di toccarti forse posso darti sollievo perché ti dico che sei prezioso ai miei occhi e a quelli di Dio, “tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo (Is 43,4)… Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato (Is 49, 16)… sulle MANI (lo dice la Bibbia), sul suo corpo siamo disegnati! E in questa disposizione d’animo mi accorgo più facilmente di quanto tu stia dando a me, allora domani lo vedrai che sarò contenta di venire da te, spontaneamente, che non sarà solo un lavoro il mio, ma un incontro. Sono cose di cui facciamo esperienza tutti. Per noi ancora più importante perché so che lì c’è Gesù che si identifica nei malati e me lo conferma questa Vita che si muove tra me e te che sei ammalato e forse anche tu ti accorgerai che il Signore davvero si prende cura di te e lo fa attraverso tutti gli operatori sanitari che ti ha posto accanto. Questo è il vero sollievo. Gesù dice: “Venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi e io vi ristorerò” (Mt 11,28).
Il servizio anche nei nostri ambiti si fa sempre più complicato, a volte frustrante, si corre tanto, si rischia di stare davanti a un video più che davanti a un paziente, veniamo al lavoro con il peso dei problemi che viviamo fuori. Perciò anche noi tutti abbiamo bisogno di sollievo, prendiamoci cura l’uno dell’altro! Coltiviamo la certezza che tutti sono un dono anche i colleghi con cui non andiamo d’accordo; facciamoci un po’ carico delle fatiche e dolori dell’altro, non rimaniamo indifferenti ai colleghi! Non ci toglierà energia, anzi si moltiplicherà e i nostri gesti, le nostre parole, il nostro tocco trasmetteranno anche tutto questo bene che ci scambiamo tra noi che qui lavoriamo.
Non è illusione, non è favola, è l’unica Strada.
Sr. Chiara
[1] Daniela Lucangeli – Corso “La teologia alla prova del Covid-19. Dialoghi con la Scienza”
[2] Papa Francesco – Messaggio del Santo Padre Francesco per la XXIX Giornata Mondiale Del Malato